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LE ASSOCIAZIONI DEL CRAAL

PIU' FORTI SE UNITI:

Dossier sul randagismo a Roma

Roma: la città dei randagi
Dati, mappe e analisi di un fenomeno trascurato


A cura dell’osservatorio Codici e del Coordinamento Regionale AnimalistiAmbientalisti Lazio
Codici ringrazia la dr.ssa Viviana Frigino, Presidente del Coordinamento Regionale delle Associazioni Animaliste del Lazio e i volontari che hanno dato testimonianza della realtà romana e hanno contribuito alla realizzazione del dossier. [Leggi l'intervento di Viviana Frigino alla conferenza stampa]



Introduzione

In Italia ogni anno vengono abbandonati migliaia di cani sulle strade, sulle autostrade, sulle tangenziali e, non fa eccezione Roma con gli abbandoni sul Raccordo Anulare, perfino sul grande raccordo anulare di Roma. Tale è il fenomeno di una illegalità che, dopo alcuni anni che avevano lasciato ben sperare, è tornato nella Capitale a dilagare. Nell’arco del 2009 sono pervenute allo sportello di “CODICI ambiente” 530 segnalazioni di randagi da aiutare, poiché vaganti su strade a scorrimento veloce, come le Consolari, e per le quali i cittadini avevano cercato invano di allertare istituzioni, vigili urbani e Ufficio Diritti Animali del Comune. Dall’osservazione di questo contesto parte l’inchiesta del Codici sul randagismo nella Capitale, che vuole mettere a fuoco un fenomeno che non conosce “crisi”.
L’associazione CODICI, in collaborazione con il CRAAL, si è avvalsa dell’aiuto di volontari e cittadini che sono scesi per le strade della capitale a fotografare la mappa dei randagi. Le zone della Capitale in cui il fenomeno si manifesta maggiormente sono: Zona Portuense: i cani del bosco; Aeroporto Centocelle; Forte Casilino: il branco di via Papiria; Collina Alitalia; Pista ciclabile della Magliana; Casilino 900.


Randagismo: un fenomeno che non conosce “crisi”

L’osservatorio Codici Ambiente ha documentato da fonti istituzionali che sono circa 60 mila i cani randagi nel Lazio, di cui oltre 5 mila nella sola città di Roma. Secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero della Salute gli ingressi nei canili della Capitale per l’anno 2009 sono stati 7.681, cioè meno di 1/5 degli animali vaganti sul territorio romano. Tali numeri si arricchiscono continuamente di nuovi abbandoni, delle cucciolate dei privati, in molti casi abbandonate negli scatoloni vicino ai cassonetti, e della prole frutto degli accoppiamenti dei randagi che, per ogni femmina non sterilizzata, danno luogo fino a 300 nuovi cani in 2 anni, cifra che, al terzo anno, diventa a 4 cifre e si parla di migliaia... Così è un fenomeno tutt’altro che raro quello di residenti dei quartieri romani che spargono veleno nei parchi e nelle zone di riparo di tali animali per risolvere in modo delinquenziale una piaga che nasce per un comportamento delinquenziale di alcuni cittadini e persevera per la colpevole inerzia delle amministrazioni deputate al controllo del fenomeno.

Randagismo: un fenomeno rischioso per l’incolumità dei cittadini

Dai dati rilevati sul territorio nazionale risulta che in molte regioni, soprattutto del Sud, il fenomeno del randagismo ha raggiunto livelli drammatici ed è spesso fuori controllo.
Dall’ultima rendicontazione annuale (riferita all’anno 2006) inviata dalle regioni e dalle province autonome al Ministero della Salute, risultano 6.000.000 cani di proprietà e 590.000 cani randagi di cui solo un terzo ospitati nei canili rifugio. Una popolazione di cani che, se non sottoposta a controllo demografico attraverso la sterilizzazione, rappresenterà ogni giorno di più un pericolo per la collettività.
Infatti, quando, soprattutto nelle zone ad alta densità di randagismo, i cani si radunano in branchi, questi possono diventare ferali. Ed è quanto avviene spesso nelle campagne del sud Italia e anche nel Lazio. E’ un abominio, non un fenomeno naturale, creato dall’abbandono e dall’ignoranza. E a farne le spese sono tutti: uomini ed animali.
E’ inutile dire che il controllo dei branchi, rispetto alla presenza del cane solitario e randagio che vive abitualmente in un quartiere, è più problematico. La loro presenza nelle aree verdi e cittadine, con le frequenti incursioni su strade anche a veloce scorrimento, può rappresentare un grosso pericolo, in particolar modo per gli incidenti stradali causati proprio dall’attraversamento stradale dei randagi. Infatti ogni anno perdono la vita sulle strade italiane 22.00 cani, di cui più di 4.500 solo nei mesi di Luglio e Agosto e questi dati ci fanno comprendere la grandezza del fenomeno e l’incidenza del fattore di rischio anche per gli utenti della strada.
La Mappa Del Randagismo Nella Capitale
Sono numerosi i randagi che si aggirano nella Capitale. Le zone in cui i branchi dei cani sono più numerosi e pericolosi sono: Zona Portuense: i cani del bosco; ex Collina Alitalia; Pista ciclabile della Magliana, Aeroporto Centocelle; Forte Casilino: il branco e il canile abusivo di via Papiria; Casilino 900; ma i branchi si aggirano anche in altre zone della Capitale:
• Branco dei “cani di Benito” in Via Newton che, fuggiti dai recinti, hanno aggredito persone e fatto strage di gatti di Villa Flora e delle colonie feline del quartiere;
• Branchi di cani verso Pomezia e in Via di Tor Carbone, altezza Quarto Miglio;
• Incrocio Via di Tor Carbone/ Ardeatina : Campo Nomadi con branchi e cagne gravide e altri rubati;
• Randagi alla Cecchignola, via dell’Esercito, poco prima dell’entrata alla zona militare nella piazzetta vicino alla farmacia;
• Cani maremmani in Via Laurentina direzione fuori Roma altezza Elite; Periodicamente anche cuccioli;
• Randagi a Tor Vergata e a Tuscolana / Anagnina;
• Randagi a Gallicano
• Gruppo randagi da sterilizzare in Via Labico;
• Branchi nelle campagne di Castel di Guido e di Castel Nuovo di Porto;
• Branchi lungomare di Torvajanica, Pomezia e Tor San Lorenzo;
• Randagi alla Bufalotta ;
• Molti cani vaganti all’Idroscalo di Ostia;
• Randagi al Centro Residenziale Altamira (Ponte Galeria);
• Randagi in Via Prenestina e alla Rustica;
• Randagi al Testaccio intorno all’Altra Economia;
• Randagi al Labaro, Prima Porta, Stazione di Labaro;
• Randagi a Colle del Sole;
• Tor Bella Monaca: diversi branchi di cani pericolosi che hanno già aggredito una signora anziana ed una bambina. E’ stata fatta segnalazione al Municipio VII, con scarsi risultati.
• Stazione di Cesano: branco di randagi da sterilizzare;
• Zona Magliana, Via Idrovore della Magliana: 3 cani a branco, probabilmente di zona, hanno aggredito un cane padronale;
• Circa 10 cani in Via del Baiardo zona Tor di Quinto

Ma vale la pena analizzare le situazioni di randagismo più emblematiche:

Portuense: i cani del bosco
E’ molto grave la situazione fotografata da uno dei volontari che si è rivolto al CODICI in Via Portuense zona Somaini- Parco Tenuta dei Massimi. Nel bosco sono presenti circa 80 cani selvatici che vengono sfamati da cittadini volontari ,con grande amore e risorse proprie. Data la situazione, i cittadini si sono rivolti più volte a istituzioni ed associazioni che intraprendendo percorsi finalizzati almeno alla sterilizzazione delle femmine.
Nel 2006 il numero dei cani non arrivava alla decina e la situazione venne segnalata all’Ufficio diritti degli animali affinché agisse in conformità a quanto previsto dalla normativa in vigore in materia di salute degli animali e di lotta al randagismo. Nel 2008 è stata inviata una diffida al Sindaco di Roma e al Responsabile del settore di sanità pubblica chiedendo la sterilizzazione delle femmine nonché una adeguata assistenza sanitaria per gli animali, anche in funzione della sicurezza pubblica. Quanto finora denunciato non ha a tutt’oggi prodotto alcun intervento da parte delle istituzioni. I cani continuano a morire o a vivere in condizioni pietose, riproducendosi senza alcun controllo delle nascite. Come detto sono ormai arrivati al numero di circa ottanta esemplari, con dispendio economico che è otto volte a quello iniziale ed una spesa pubblica, qualora la Asl dovesse decidersi ad attivarsi per le catture e sterilizzazioni, infinitamente maggiore. Lasciamo immaginare cosa potrebbe accadere il giorno in cui, per qualsiasi motivo, la volontaria che si occupa di cibare gli animali non possa più occuparsi del branco. Dove cercheranno cibo gli 80 animali?


Il caso del Casilino 900
Le prime demolizioni delle baracche dei nomadi del Casilino 900 risalgono a gennaio, una maxi operazione che si è conclusa a febbraio ma che ha lasciato non pochi strascichi a scapito della sicurezza dei cittadini che vivono o transitano in zona. Sporcizia, cumuli di macerie, immondizia. Il degrado regna sovrano e l’incuria e il lassismo dell’Amministrazione Comunale è lampante. I cittadini ci chiamano allarmati anche perché, a seguito dello sgombero, si è amplificato il problema del randagismo già precedentemente segnalato da Codici. Il Comune, nell’esecuzione dello sgombero, avrebbe dovuto agire di accordo con la Asl veterinaria ed il canile comunale per catturare i cani ed i gatti che, era possibile prevedere, sarebbero rimasti, a giochi fatti, nell’accampamento. Questo non è avvenuto e gli animali, di cui prima, bene o male, si prendevano cura i nomadi, sono diventati in un lampo nuovi randagi. I cani abbandonati sul territorio sono quasi tutti di grossa taglia. I cittadini del quartiere e i volontari si sono fin da subito attivati, a loro spese, per cibarli ed assisterli nei migliori dei modi, purtroppo però la situazione degenera. Subito dopo lo sgombero ne sono stati avvistati 12, ma sicuramente ce ne sono più di 20. I cani, stremati dal freddo, dalle precarie condizioni di vita e spaventati dallo sgombro coatto sono potenzialmente pericolosi per se stessi e per i cittadini. Alcuni residenti pensano bene di risolvere a modo proprio e cominciano così le uccisioni di cani e di gatti. Avvelenati, sparati, bruciati vivi. Le istituzioni, nonostante siano al corrente della situazione non intervengono. CODICI interviene interfacciandosi con l’Ufficio Benessere e Tutela degli Animali. Il dirigente dell’Area che ha accordato ai cittadini stessi la possibilità di catturare e mettere in salvo gli animali.
Dopo l’arrivo delle Ruspe per la rimozione delle macerie si erano perse tutte le speranze di poter prelevare gli ultimi superstiti di cui si temeva la dispersione tra le vie cittadine. I coraggiosi volontari, infatti, che dall’inizio di questa triste faccenda si sono prodigati per la salvezza degli animali: si sono rivolti al CODICI perché si facesse intermediario con l’ufficio comunale per il benessere animale: l’UTBA con una proposta pratica e fattiva. Si sono offerti di catturare loro stessi gli ultimi cani rimasti in loco e, dopo averli sterilizzati e microchippati, di assicurargli una sistemazione idonea e definitiva. Detto fatto, dopo essersi assicurati il via libera dall’UTBA e dal municipio competente, in una sola ora di lavoro, il catturatore individuato dai volontari è riuscito a prendere i quattro cani rimasti sul territorio. E ci si potrebbe chiedere come mai la ASL, in ben due giorni di tentativi, non sia riuscita, con la ditta convenzionata, nell’impresa. Il CODICI sottolinea che nella vicenda del Casilino 900 ha presentato denuncia contro ignoti per l’uccisione di molti degli animali in loco e che ha chiesto alla ASL veterinaria indagini necroscopiche sulle carcasse ritrovate.
Al momento restano 4 cani liberi accuditi, di cui il canile comunale non ha accettato l’ingresso nella propria struttura.


Aeroporto Centocelle
Come è noto, da tempo associazioni e volontari cercano di far fronte al sempre più impellente problema che affligge la zona dell’ex aeroporto di Centocelle, popolata da branchi di cani che, oltre a creare difficoltà ai residenti della zona ed ai militari che lavorano presso quella base, vivono essi stessi in condizioni igienico-sanitarie precarie. Al fine di fronteggiare questa profonda situazione di disagio, nel mese di ottobre 2007 alcuni militari del Comando Squadra Aerea (che lì ha la propria sede), in collaborazione con i volontari del canile comunale, hanno avviato un lento progetto di risanamento dell’area. In particolare, l’attività mirava sia alla cattura delle femmine al fine di sottoporle ad interventi di sterilizzazione, sia alla cattura, più in generale, di tutti quei cani che risultassero essere bisognosi di cure o di terapie .Tutti gli animali, dopo essere stati sottoposti ai trattamenti sanitari del caso, venivano poi reimmessi in un’apposita area dell’adiacente Parco di Centocelle, fatta eccezione per quegli esemplari che, essendo malati o considerati “pericolosi”, dovevano essere trattenuti all’interno del canile. Ebbene, tale progetto veniva finanziato dai competenti uffici comunali, come d’altronde è previsto ed espressamente disciplinato dalla Legge. (Legge n. 281/91 citata) - esplicitamente affermando che: “I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione. A tali piani é destinata una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse di cui all’articolo 3, comma 6. I comuni provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle risorse di cui all’articolo 3, comma 6?. Pertanto, i competenti uffici amministrativi, adempiendo ai loro doveri, destinavano somme pubbliche con il preciso scopo di risolvere l’incresciosa situazione ivi esistente.
Tale progetto, seppur lentamente, procedeva e veniva condotto con perizia e pazienza da tutti gli addetti ai lavori (per lo più, come detto, militari dell’aeroporto e volontari) che, ove possibile, per i cani più docili, effettuavano immediatamente la vaccinazione e la “microchippatura” e, contestualmente, reimmettevano i cani in libertà, nel rispetto della figura del “cane di quartiere” (ben 9 sono stati i casi); altri 15 esemplari, invece, sono stati catturati, sedati e, successivamente, curati, vaccinati e “microchippati”. Il lavoro, in buona sostanza, stava volgendo al termine quando, improvvisamente e senza alcuna spiegazione, nel marzo 2008 veniva bloccata l’erogazione dei fondi a sostegno del progetto, rendendo così vano ogni precedete sforzo umano ed economico fino ad allora sostenuto. Infatti, al momento dell’interruzione del progetto, sul posto erano presenti alcune cagnoline non ancora sterilizzate che, ovviamente, dopo poco tempo, hanno partorito dei cuccioli, rendendo vano ogni tentativo fino ad allora effettuato di controllo delle nascite. Da quel momento, le autorità competenti si sono totalmente disinteressate del progetto e delle conseguenze che tale improvvisa interruzione ha potuto avere sulle persone e sugli animali. Attualmente, il numero dei cani vaganti è nuovamente cresciuto ed è destinato a crescere a dismisura, considerato che alcune delle femmine non sottoposte a sterilizzazione sono già nuovamente incinta. Appare evidente come la condotta tenuta dagli organi della Pubblica Amministrazione competenti ad agire nel caso de quo, sia del tutto contraria, in primo luogo, ai più elementari principi “di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza” previsti dalla Legge 241/90 (art. 1, comma I). Si è realizzata un’inspiegabile quanto immotivata interruzione di un progetto che volgeva ormai al termine e che, non foss’altro per la quantità di tempo e denaro già impiegati, meritava di essere completato. Si è in sostanza verificato uno spreco di denaro pubblico del tutto arbitrario ed irrazionale che non ha trovato fondamento in alcuna reale necessità sopravvenuta, ma solo in una bizzarra conduzione della vicenda, nonché in un’irresponsabile gestione finanziaria . Data la grave situazione, Codici, nel nome del legale rappresentante, Avv. Monique Perrotti si è rivolta agli organi competenti al fine di conoscere le modalità di destinazione e di gestione della quota prevista dalla sopra citata Legge Finanziaria ed, in particolare, della quota destinata alla sovvenzione del progetto di cui sopra. CODICI ha poi diffidato il Comune ed il servizio veterinario della ASL competente ad adempiere tempestivamente agli obblighi loro imposti dalla legge, predisponendo un adeguato piano di azione che consenta di fronteggiare al più presto ed al meglio la nuova situazione di disagio creatasi. In questo momento sono 5 i cani che vagano intorno all’aeroporto Centocelle, almeno di cui si prende cura affettiva ed economica la volontaria Angela F.

 

Il branco di via Papiria
Nei pressi del Forte Casilino, a pochi metri dalla via Palmiro Togliatti, una situazione di degrado ed illegalità rischia di sfociare anche in una rivolta cittadina.
Una ventina di cani tra cui 6 femmine fertili, sono lasciati alle sole cure di un cittadino extracomunitario disadattato che vive in un camper e non ha i mezzi economici per far fronte ai costi delle sterilizzazioni così il branco di cani aumenta e con esso la possibilità che il signor R. non riesca più a sfamare gli animali che cercherebbero quindi cibo tra le strade romane. Negli scorsi giorni un gruppo di cittadini vecchi e giovani hanno iniziato a pulire un tratto di prato del Parco archeologico di Centocelle sul versante di via Papiria. Hanno segnalato, tra l’altro al CODICI la presenza di quello che sembra un canile abusivo dove cani abbaiano e latrano tra ricoveri di fortuna fatti di lamiere. (a seguito delle segnalazioni il canile è stato posto sotto sequestro e si attendono provvedimenti)


Pista ciclabile della Magliana
Si aggirano su e giù per la pista ciclabile, sono i randagi della Magliana. Quest’anno sono stati numerosi i casi dei ciclisti e i podisti aggrediti dai branchi di randagi. I volontari raccontano di aver avvistato i branchi da 3 a 8, a volte anche di più, sono di taglia grossa e sono sicuramente affamati poiché si avvicinano soprattutto ai cittadini che portano con sé cibo.


Collina Alitalia
Le prime segnalazioni dell’esistenza di un gruppo di cani stanziali nell’area cosiddetta “Collina Alitalia” risalgono al 2002, quando il nuovo Canile Sanitario del Comune di Roma alla Muratella era appena entrato in attività. Con lo sgombero del campo nomadi adiacente al canile sanitario erano stati catturati e portati in canile circa 40 cani. Altri cani erano rimasti vaganti sulla Collina Alitalia. Una signora che lavorava presso l’azienda dell’Alitalia iniziò ad preoccuparsi della loro sopravvivenza portando del cibo e sollecitando l’intervento del Canile Sanitario. Cominciarono così i tentativi di catturare e sterilizzare questi cani che avevano la particolarità di non essere abituati al contatto con l’uomo e pertanto erano difficili da avvicinare. La ASL RMD, responsabile degli accalappiamenti e delle sterilizzazioni, tentò le prima catture allestendo una gabbia trappola per cani, che però andò distrutta ad opera di sconosciuti e la ASL RMD rinunciò a proseguire nell’intento. L’Ufficio Diritti Animali allora, in sostituzione della ASL RMD, interpellò dei veterinari per la cattura a distanza con l’anestetico e, individuato un veterinario attrezzato allo scopo e programmato un piano di intervento, gli affidò la cattura. Iniziarono così, in funzione delle risorse economiche periodicamente disponibili all’Ufficio Diritti Animali, una serie di interventi con i quali si è arrivati, nel 2008, a sterilizzare il 100° cane.. Un obiettivo importante, molto vicino al traguardo della sterilizzazione a tappeto. Le sterilizzazioni continuarono per ancora qualche mese, ma quando mancavano ormai all’appello solo 5 o 6 cagne da sterilizzare, c’è stato il travagliato cambio di amministrazione e il programma di sterilizzazioni è stato interrotto. Purtroppo senza mai più riprenderlo. Da quel momento, grazie ai parti ripetuti di quelle poche cagne rimaste e delle femmine da queste generate, nell’arco di questi ultimi due anni, il numero di cani appartenenti al branco “Collina Alitalia” è tornato a crescere in modo esponenziale, creando anche nuovi bacini di riproduzione nelle aree limitrofe, come il Bosco della Portuense. Non si sono mai interrotte le segnalazioni dei cittadini, dei volontari e delle associazioni animaliste agli organismi responsabili, come l’UDA e la ASL RMD, relativamente a questo incontrollato aumento demografico di cani e del pericolo che andava sempre più costituendo, sia per gli animali stessi che per i cittadini. Ma non c’è stata mai nessuna risposta. Alle Associazioni che si sono rivolte direttamente all’Assessore De Lillo chiedendo un intervento urgente, è stato sempre detto che era imminente un piano, ma veniva precisato che non sarebbe stato fatto nulla di quello che era stato fatto prima, perché era stato troppo costoso. Così, per risparmiare qualche migliaio di euro ora, sono state vanificate le migliaia di euro spesi allora, bruciando tutti i risultati ottenuti. Senza l’interruzione delle sterilizzazioni proprio ad obiettivo quasi raggiunto, oggi non ci sarebbe più il problema. Nel frattempo, le Associazioni, che notoriamente sono così motivate da non demordere di fronte alla negligenza delle istituzioni, hanno continuato ad attivarsi non solo affinché Asl e Comune adempiessero ai loro doveri istituzionali di tutela degli animali e dei cittadini, ma anche cercando almeno di catturare e sterilizzare i cani nuovi arrivati, frutto di abbandoni, che sarebbero andati ad alimentare ulteriormente la crescita del branco, e di avvicinare e prendere, con la pazienza di numerosi appostamenti, tanti cuccioli che, educati alla socializzazione, curati e vaccinati, sono stati affidati a famiglie di Roma e, in molti casi di altre città del Nord, dove la drammatica situazione da terzo mondo di Roma e delle città del sud, suscita pietà e solidarietà. Parliamo della cattura e affidamento di più di 30 cuccioli solo nelle ultime settimane. In tutto questo, l’Associazione P.AN.D.A. onlus, che sostiene i volontari impegnati da anni in questa operazione, ha chiesto che almeno l’Ufficio Diritti Animali e il Servizio veterinario ASL si rendessero disponibili a procedere, per i cani che i volontari riuscivano a catturare e sterilizzare a proprie spese, con l’obbligo di legge della microchippatura e identificazione, un intervento per l’amministrazione e per la ASL praticamente a costo zero. Ma anche qui la risposta non è mai arrivata. Intanto altre cagne hanno partorito e molte altre ancora partoriranno. Senza chiudere “il rubinetto” attraverso la sterilizzazione, il problema non potrà mai essere risolto. E non si può ancora rimandare. E’ diventato drammaticamente urgente un piano di sterilizzazioni da attuare subito. Con l’impegno di Comune e ASL per le sterilizzazioni e la preziosa collaborazione del volontariato, si può economicamente risparmiare molto rispetto al costo della cattura e del mantenimento a vita di questi cani nei canili comunali e si può risparmiare agli animali la sofferenza di una vita in gabbia. Da Ottobre 2009 continuano ad arrivare numerose segnalazioni di casi di randagismo, i volontari hanno contato un branco di un centinaio di cani.


La vicenda Benito, canile/discarica di Via Isacco Newton
Siamo intorno al 2000 quando, dopo aver tirato su reti e recinzioni per chiudere cani di non si sa quale provenienza, il signor Benito è approdato, con tutta la sua ferraglia e materiali di ogni genere, nell’area di proprietà ATER tra Via Isacco Newton e Vicolo Papa Leone. Ci si domanda come sia potuto crescere un canile, che è in realtà più una discarica, in piena zona residenziale senza che nessuno se ne accorgesse. C’è voluto un incendio, sembra doloso, nel quale sono morti alcuni cani, per far accorgere alla polizia e alla ASL che lì c’era una montagna di rifiuti e una cinquantina di cani chiusi in una serie di baracche e grandi recinti. Ma non accade nulla. Nessun sequestro, nessuno sgombero, nessuna tutela per gli animali. Piuttosto la ASL impone che i cani vengano tutti intestati al signor Benito, che ne diventa il legittimo proprietario. Un caso strano visto che la normativa prevede che chi possiede un numero elevato di cani , deve anche avere una licenza, visto che rientrerebbe in una forma di allevamento. Di conseguenza, diventa difficile comprendere come, nel caso di un disperato emarginato e un po’ fuori di testa, potesse diventare legittimo intestarsi un’ottantina di cani. Potere dello scarico di responsabilità? Infatti, con quella procedura la ASL si era “esonerata” dalle responsabilità di censire e sterilizzare tutti quei cani e l’amministrazione dalla responsabilità di ricollocarli in qualche struttura comunale. Così tutto torna come prima e per anni le cagne, tutte non sterilizzate perché il signor Benito oltretutto è contrario alla loro sterilizzazione (e ora come legittimo proprietario può opporsi ad ogni intervento in questo senso) continuano a partorire. Con una trattativa di scambio tra sacchi di crocchette e sterilizzazioni, ogni tanto i responsabili del Canile Sanitario riescono a strappare al signor Benito il consenso a qualche sterilizzazione. Intanto i cani perlopiù continuano a riprodursi e, nell’indifferenza di tutti, il problema continua a crescere. E ci vuole un altro dramma per gli animali per far tornare un momento l’attenzione su questa incredibile realtà dentro Roma. I recinti fatiscenti non reggono e gruppi di cani di Benito cominciano ad aggirarsi di notte facendo strage di tutti i gatti delle colonie feline del quartiere e seminando la paura anche tra i cittadini. Si scatenano le segnalazioni e le richieste di intervento, ma ci vogliono diversi giorni prima di riuscire a convincere qualcuno ad interessarsi del problema. Così il 29 ottobre del 2009 scatta il sequestro del canile di Benito. La ASL finalmente, meglio tardi che mai, impone al signor Benito un calendario di sterilizzazioni. E il signor Benito, incredibilmente, si presenta puntuale agli appuntamenti. Ma dopo un po’ di “buche” da parte della ASL, il calendario va a monte. E così passano ancora mesi. Ora sembra che siano decisi a procedere con lo sgombero e per quei cani ci sarà un posto in canile.(sic). Con un intervento serio qualche anno fa, forse non ci sarebbero stati più cani o, per quei pochi rimasti, si sarebbe potuta trovare una casa vera e non un angusta gabbia.

I fondi per la lotta all’abbandono

Ogni anno, a partire dall’anno finanziario 1991, il Ministero ripartisce il fondo per la tutela del benessere e per la lotta all'abbandono degli animali da compagnia istituito dalla legge 14 agosto 1991, n. 281 . Tale ripartizione è stata effettuata per ogni Regione e Provincia autonoma in base ai criteri stabiliti dal Decreto Ministeriale del 29 dicembre 1992:
• il 42% della disponibilità in base al numero dei cani e dei gatti di proprietà;
• il 33% della disponibilità in base numero dei cani e dei gatti randagi;
• il 25% della disponibilità in base al numero degli abitanti delle regioni e province autonome.

I fondi stanziati dal 2005 al 2008 sono

2005: € 4.271.578,00
2006: € 3.998.000,00
2007: € 4.986.000,00
2008: € 3.086.085,11

A partire dal 2008 sono stati modificati con decreto ministeriale 6 maggio 2008 i criteri di ripartizione del fondo:

• il 40% viene ripartito in quote di pari entità tra le Regioni sulla base dell'attivazione della banca dati regionale dell'anagrafe canina in riferimento alla consultabilità per via telematica. Per la Regione Trentino Alto Adige, la ripartizione delle quote spettanti sarà attribuita, per un pari importo, alle province autonome di Trento e Bolzano;
• il 30% viene ripartito tra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano in base alla consistenza della popolazione dei cani e dei gatti con riferimento al numero di ingressi nei canili sanitari e nei gattili;
• il 30% viene ripartito tra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano in base alla popolazione umana.

Il Ministero individua le quote di ripartizione. Le Regioni e le Province autonome devono individuare, nell'ambito della programmazione regionale, le priorità di intervento elaborando il piano operativo di prevenzione del randagismo. Nella programmazione devono dare, come previsto dalla legge finanziaria 2007, priorità ai piani di controllo delle nascite destinando una quota non inferiore al 60% delle risorse alle sterilizzazioni, dove necessario, ovvero ad altre iniziative intese a prevenire il fenomeno del randagismo. Le Regioni inviano successivamente al Ministero una relazione sull'attività svolta. Con determinazione del direttore, 5 novembre 2009, n. 3623 è stata prevista l’assegnazione di contributi agli enti per l'attuazione dei piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione dei cani randagi catturati e/o a rischio di riproduzione incontrollata e per la costruzione e/o il risanamento dei canili pubblici. L’ impegno è di Euro 432.163,84.

Conclusioni

Mancano pochi mesi all’arrivo dell’estate, periodo noto per le tragedie che si consumano a causa del randagismo. Se ogni anno perdono la vita sulle strade italiane 22.00 cani di cui più di 4.500 solo nei mesi di Luglio e Agosto, possiamo comprendere la grandezza del fenomeno e l’incidenza del fattore di rischio anche per gli utenti della strada, oltre agli altri pericoli per la sicurezza pubblica che i branchi possono rappresentare. E i tragici eventi in Sicilia dovrebbero insegnare qualcosa alle Amministrazioni. Chi abbandona un cane non solo commette un reato penale (legge 189/2004), ma potrebbe rendersi responsabile ed incriminato per omicidio colposo.
Ciò che alimenta il fenomeno del randagismo è la non sterilizzazione degli animali. I cani abbandonati, riproducendosi, aumentano la popolazione vagante. La mancanza di una concreta ed organica politica regionale, nella stragrande maggioranza dei Comuni della provincia di Roma e in questi ultimi anni anche a Roma, ha portato negli anni ad una non-gestione della tutela degli animali domestici e del randagismo e, quindi, la disattesa delle responsabilità amministrative dovute in base alle leggi 281 del 1991 e 34 del 1997.



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